Nichi Vendola, il video del 13 Marzo 2010

[RAINEWS24]

L’intervento di Nichi Vendola, leader di Sinistra Ecologia Libertà, nella manifestazione di Piazza del Popolo.

L’intervento più appassionato, l’intervento più applaudito.

Qui come l’agenzia Dire ha commentato l’intervento di Vendola

REGIONALI. LA PIAZZA CON VENDOLA: OGGI UN NUOVO INIZIO (DIRE) Roma, 13 mar. – Quasi ogni frase di Nichi Vendola viene scandita dagli applausi di piazza del Popolo. L’ovazione arriva quando Vendola, urlando, dice: “All’Italia stanca e sofferente dobbiamo dire che ora e’ il momento di riprendere il cammino dell’alternativa”. Il leader di Sinistra e liberta’ incanta i manifestanti con il suo discorso lirico e accalorato. “Ci hanno raccontato che la ricchezza e’ innocente per ontologia- dice- ma il sogno berlusconiano si e’ infranto sulle macerie dell’Aquila”.
Il centrosinistra e’ di fronte a una nuova prova: “Noi non possiamo limitarci ad attendere il cadavere di Berlusconi sulla sponda del fiume. Noi- dice- non abbiamo ancora un racconto coerente. Ma oggi, in questa piazza, il centrosinistra ritrova il proprio popolo, per lungo tempo smarrito. Da qui si deve ricominciare”.


Parola di clandestina

“E perché non ti fai legale?” E’ sempre la stessa domanda che la gente mi fa quando viene fuori che sono clandestina, e devo sempre spiegare la mia situazione perché è poco conosciuta da chi ha già i suoi documenti (e potrebbe votare e migliorarla). Non mi faccio legale perché è praticamente impossibile. Conosco due metodi soltanto per diventare legale in Italia, e, ironicamente, richiedono delle azioni illegali per arrivarci.

Un modo per diventare legale sarebbe sposarsi con un italiano, ma, tranne il caso in cui lo fai veramente per amore, è illegale fare un matrimonio finto solo per i documenti. L’altro modo è fare finta d’essere badante (unico lavoro accettato di tanto in tanto e limitato dai “flussi”) facendo la domanda insieme ad una persona che fa finta di averti assunto e dato un salario. Tutti e due i modi richiedono sia di dichiarare una falsità sia di coinvolgere altra persona disposta a mentire per te.

In teoria un’impresa che vuole assumere uno straniero può fargli i documenti e farlo diventare legale, ma, in pratica, questo non è fattibile per due motivi: burocrazia e atteggiamento criminale. Nel mio caso, ad esempio, una persona che insegna la propria madrelingua in un istituto privato, è consentito il diritto di prendere sia un permesso di soggiorno sia il permesso di lavorare. La scuola dove lavoro,però, non vuole fare i documenti che sono necessari perché se resto clandestina sono più giustificati a tenermi in nero, risparmiando le tasse e i contributi che altrimenti avrebbero dovuto pagare. Conviene non aiutarmi diventare legale perché se sono clandestina la mia capacità di difendermi è gravemente diminuita poiché ovviamente mi sarebbe difficile denunciarli senza esporre anche mi stessa. Si arriva all’assurdo che chi assume, può fare finta addirittura di farmi un favore assumendomi nonostante che sia clandestina.

Il lavoro in nero e l’evasione delle tasse sono veramente un problema di cui la mia situazione è soltanto uno sintomo. Nella mia stessa scuola di lingue, una donna cittadina italiana col passaporto italiano fa tantissime ore settimanali e le capita ogni tanto di raggiungere fino ai 1.800 euro mensili. L’accordo che ha col capo afferma che il 60% del suo salario verrà dichiarato, una cifra già tanto bassa che i contributi associati non basterebbero per farla sopravivere quando dovrà andare in pensione. Però, nonostante questo accordo, il capo abbassa ancora di più la somma che dichiara finché in certe casi diventa meno del 10% dello stipendio originale. In questo caso, con un’insegnante cittadina italiana, l’istituto non ruba soltanto al pubblico evitando di pagare le tasse giuste che verrebbero utilizzati per i beni pubblici, ma, in più, ruba alla impiegata la sua possibilità di pensionarsi e riuscire a portare avanti una vita autonoma.

Il mio caso, essendo clandestina, è ancora più estremo perché non soltanto il datore di lavoro non paga neanche un centesimo delle mie tasse e i miei contributi, ma me lo fa di maniera che mi limita anche altri diritti, tipo libero accesso alla questura (perché ho paura che mi multano o deportano) o l’accesso ai servizi di sanità (perché non ho la tessera.) Se mi dovesse capitare di dovere andare in ospedale, l’unico servizio a cui posso accedere è quello di pronto soccorso. Tutto il resto dovrei pagarlo dalla mia tasca. L’impresa deve avere la responsabilità di prendersi cura dei suoi dipendenti, non soltanto dei suoi profitti.

Eppure, anche se l’impresa volesse aiutare i dipendenti a prendere il permesso di soggiorno, sarebbe difficile farlo. In Germania basta portare una lettere di offerta lavorativa e un documento che mostra la assicurazione medica all’ambasciata per diventare legale. Lì non c’è proprio una scusa per non farlo. Allora prima di punire le imprese italiane che fanno lavorare i migranti in condizioni di illegalità, bisognerebbe stabilire un modo concretamente realizzabile per legalizzare chi lavora. Deve essere un modo relativamente facile ed economico da effettuare: deve lasciare l’impresa senza scuse. Una volta fatto questo, le imprese che insistono nell’approfittare dei loro impiegati clandestini non devono essere più tollerate.

Scritto da una cittadina americana.

Bozza di lavoro per SEL: relazioni tra politica e mondo della ricerca

Per realizzare questa bozza, abbiamo utilizzato come punto di partenza il “progetto per l’autoriforma” scaturito dall’assemblea nazionale di studenti e ricercatori dell’Onda del 15-16 novembre 2008 a Roma

L’indipendenza e l’autonomia della ricerca sono per noi principi fondativi.
La ricerca non deve essere subordinata a logiche di mercato: le risorse e le strutture pubbliche dalle quali essa dipende non possono essere messe al servizio di interessi privati, perché questo asservimento provoca una distorsione degli obiettivi di medio e lungo periodo, con conseguente danno per la società: gli esempi in campo farmacologico e tecnologico sono a decine.

Il sapere è un bene pubblico, una produzione collettiva e per questa ragione non appropriabile: i suoi risultati devono essere socializzati, ossia posti al servizio dell’intera società. Tutte le regioni italiane possono fare riferimento ad una vasta quantità di strutture dedicate alla ricerca nei campi più disparati (dagli studi geofisici,  alle biotecnologie, alla chimica, alle analisi sociali, all’impatto ambientale, alla robotica, ai sistemi di intelligenza artificiale, alle neuroscienze ecc.).

È avvilente che questa enorme mole di competenze sia spesso sottoutilizzata, quando potrebbe fornire contributi importanti in tutte le fasi di intervento politico sul territorio (raccolta dati, analisi, piani di intervento, scenari possibili). Il vantaggio per le amministrazioni è evidente, viste le cifre consistenti che solitamente vengono pagate a consulenti di varia natura, spesso privati, mentre si assiste alla contemporanea sofferenza da parte di alcuni di questi enti per la scarsità di finanziamenti.

E’ necessario innescare quindi un circolo virtuoso che porti finanziamenti a università ed enti pubblici della ricerca (EPR), sia sulla base di concreti progetti obiettivo e studi di settore fissati dall’agenda politica, sia all’interno di più ampie linee strategiche per garantire l’indipendenza e l’autonomia degli studi di ricerca. I finanziamenti del primo tipo porteranno vantaggi indispensabili nell’immediato, garantendo la possibilità di una adeguata pianificazione ed una analisi accurata di fenomeni sempre più complessi riguardanti l’ambiente e la società in cui viviamo, garantendo un ritorno in termini di impatto economico o sociale. I finanziamenti del secondo tipo garantiranno delle ricadute più a lungo termine in termini quantitativi, ma nell’immediato in termini di arricchimento culturale.

In questa direzione è possibile collocare l’esigenza di una corretta valutazione dell’operato del mondo della ricerca (università ed enti pubblici), ovvero il metro qualitativo utile ad incentivare gli istituti che più di altri contribuiscono a quel circolo virtuoso qui descritto.
L’attuale combinazione di indici che si presumono quantitativi, legata fondamentalmente al solo contenimento del bilancio è inutile nel tentativo di valutare l’impatto della ricerca sulla società. Più significativi, ma comunque miseri in questo senso, sono anche la produzione di brevetti e il semplice numero delle pubblicazioni, privo di una analisi di merito.
La valutazione deve quindi essere intesa anche come il rendiconto sociale delle attività degli atenei e degli EPR: una valutazione dell’impatto che non può prescindere dai contesti territoriali in cui le università sono inserite e che deve essere compiuta coinvolgendo le componenti attive (quindi docenti, ricercatori e dottorandi) e passive (intese come società civile) nel processo di valutazione.

Gli esiti della valutazione della didattica e della ricerca dovrebbero condizionare la distribuzione di parte dei finanziamenti sia alle strutture (atenei, enti, istituti, dipartimenti,..) che ai singoli docenti e ricercatori.
Come per i contributi statali alle aziende private, bisognerebbe inoltre legare l’incremento di finanziamenti, oltre che alla valutazione qualitativa, anche al rispetto di alcune “best practices” riguardanti il lavoro negli Istituti.

Citiamo di seguito alcuni dei temi che riteniamo più importanti in questo senso:

1) Al lavoro di ricerca, perché di lavoro si tratta, devono corrispondere un salario adeguato e i diritti stabiliti dallo statuto dei lavoratori. La moltitudine di tirocini, stage e praticantati tutti rigorosamente non retribuiti non sono più tollerabili, così come la dilagante attività didattica a titolo gratuito.
Ogni prestazione deve avere luogo all’interno di un contratto al più come forma di lavoro subordinato a tempo determinato e in tal caso deve essere garantita la continuità del reddito, diritto fondamentale che è necessario estendere a tutti i lavoratori precari.
In questa stessa direzione, è necessario sopprimere il ricorso ai dottorati senza borsa: ai dottorandi dovrebbero vedere riconosciuti i loro diritti per mezzo di uno statuto nazionale a loro dedicato.

2) Nella ricerca rimane aperta la stessa questione di genere che troviamo ovunque nel mondo del lavoro: da una parte la progressione di carriera delle donne è fortemente bloccata ai livelli più bassi, dall’altra le donne subiscono il perenne ricatto biologico, aggravato dalla precarietà, per cui la maternità diventa in realtà la via di espulsione dal mondo della ricerca.

3) Per tutti i percorsi pubblici in questo campo, è necessario aprire un dibattito approfondito sulla necessità di garantire nuove procedure concorsuali trasparenti.

4) I ricercatori precari, essenziali al funzionamento di tutti gli atenei ed enti pubblici di ricerca italiani, sono completamente assenti dagli organi decisionali degli stessi. E’ questo un elemento chiave della gerarchizzazione del lavoro di ricerca e didattica.
Come ogni altra categoria nell’università, i ricercatori precari e i dottorandi devono partecipare ai processi decisionali tramite i loro rappresentanti eletti.

Hanno aderito i candidati SEL (per Roma e provincia, in ordine alfabetico):

Saverio Aversa
Adriana Cremonese
Adelia Danese
Vincenzo G. Fiore
Gianfilippo Lucatello
Valentina Mercuri
Stefano Mingarelli
Gaia Pallottino
Marco Possanzini
Giovanni Russo
Gianfranco Toschi

Appuntamenti: dall’8 al 14 marzo 2010

Mercoledì 10: SEL-TV

mercoledì pomeriggio alle 15,00 andrà in streaming (diretta su http://www.sinistraeliberta.eu/seltv) la seconda puntata di Spiriti Bollenti, con le interviste ai giovani candidati di SEL (per ora solo del lazio…). Saranno presenti: i candidati della Provincia di Roma Vincenzo Fiore e Luca Sappino e la candidata della Provincia di Frosinone Giorgia Montesanti.

Giovedì 11: Tibaldi e Bertinotti alla presentazione del libro “Lo spettro del capitale”

Giovedì 11 marzo alle 18.30 presso la Casa internazionale delle donne (Roma, Via della Lungara, 19), Fausto Bertinotti discute di precarietà con Alessandra Tibaldi, assessora al Lavoro della Regione Lazio e candidata alle elezioni regionali nelle liste di “Sinistra, Ecologia Libertà per Vendola”, in occasione della presentazione de “Lo spettro del Capitale” scritto da Sergio Bellucci e Marcello Cini e pubblicato da Codice Edizioni.

Saranno presenti gli autori del libro Sergio Bellucci e Marcello Cini (candidato capolista nella circoscrizione di Roma e Provincia per “Sinistra, Ecologia Libertà con Vendola”), Fausto Bertinotti, Alessandra Tibaldi,  Andrea Satta dei Têtes de Bois e l’attrice Barbara Bovoli, protagonista dello spettacolo d’impegno civile “Sciura” per la regia di Catena Fiorello e Fausto Costantini.

venerdì 12: manifestazione promossa dalla CGIL e cena di sottoscrizione

– Per la manifestazione “Lavoro, fisco e cittadinanza”, promossa dalla CGIL, il punto di ritrovo per Sinistra Ecologia Libertà è alle 9,30 a Piazzale Flaminio (da cui partirà il corteo) e più precisamente nel piazzale antistante l’uscita della metro A e della stazione dei treni.

– ore 20.00 presso il locale BAOBAB (via cupa, 5) cena elettorale di sottoscrizione (25 euro): sarà presente Emma Bonino (ed anche io).

Sabato 13: manifestazione in Piazza del Popolo

La piattaforma della manifestazione Sì alle Regole, No a Trucchi

Per la democrazia, la legalità e il lavoro. Sì alle regole, no ai trucchi. Per vincere’: si apre cosi’ il documento politico che e’ alla base della manifestazione di sabato prossimo a piazza del Popolo a Roma.

Il documento e’ stato sottoscritto dal Partito democratico, Italia dei valori, Federazione della sinistra, Sinistra ecologia libertà, Partito socialista italiano, Verdi. Ecco un elenco delle prime associazioni che hanno dato la loro adesione all’iniziativa: Anpi, Arci, Articolo 21, Libertà e giustizia, Giovani per la costituzione, Rete degli studenti, Giosef (giovani senza frontiere), Asso giovani (giovani imprenditori), Giovani insieme, Gaiax, Valori e futuro, Aics, Gioventu’ attiva, Udu, Martelive, Rete dei festival, Coordinamento genitori democratici, Comitato scuola e costituzione, Centro d’iniziativa democratica degli insegnanti, Movimento di cooperazione educativa, Auser, Vas, Equivita, Lac.

Il documento spiega che ‘eventi gravi e senza precedenti stanno mettendo in pericolo i principi fondamentali della convivenza civile nel nostro paese. Con un atto inaudito, di cui e’ pienamente responsabile, il governo ha modificato in corso d’opera le regole elettorali per garantire la sua parte politica’.

Questa iniziativa, viene spiegato, ‘e’ un atto di arroganza verso le istituzioni e gli organi di garanzia, ed e’ un insulto non solo nei confronti delle altre parti politiche impegnate nella competizione elettorale, ma di milioni di cittadini perbene che nella loro vita quotidiana rispettano le regole alle quali oggi vedono una parte politica autorizzata a sottrarsi a suo piacimento’.

Il decreto salva-liste, sottolinea l’opposizione, ‘purtroppo non e’ che l’ultima di una serie di deformazioni dei meccanismi democratici alle quali assistiamo da troppo tempo. Una legge elettorale che ha privato i cittadini del diritto di scegliere i propri rappresentanti sta progressivamente svuotando il Parlamento del suo ruolo e delle sue prerogative. Il processo legislativo, anziché alle Camere, e’ affidato ormai quasi esclusivamente ai decreti d’urgenza emanati dal governo, e il continuo ricorso ai voti di fiducia riduce ulteriormente il contributo del Parlamento.

Le energie del governo, anziché affrontare la crisi economica sempre più grave e l’allarmante riemergere della corruzione, sono concentrate nel campo giudiziario su leggi ad personam e nel campo fiscale sui condoni. Il governo riduce, anziché aumentarle, le garanzie per la trasparenza degli appalti. Si impegna – recita il documento – in vaghe quanto onerose promesse di ritorno al nucleare invece di investire sull’ambiente, sulla green economy, sulle energie rinnovabili e su iniziative immediatamente praticabili per la lotta ai cambiamenti climatici. E proprio mentre le conseguenze della crisi economica si fanno sentire con più forza sull’occupazione, abbatte le tutele dei diritti e della dignità del lavoro, fino ad arrivare allo svuotamento di fatto dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Anche l’informazione e’ sotto attacco, la stampa di idee e’ ridotta in una situazione precaria, si tagliano le risorse alle emittenti locali e, proprio in campagna elettorale, stravolgendo lo spirito della legge sulla par condicio, anziché garantire visibilità a tutte le opinioni viene imposto il silenzio agli spazi televisivi di dibattito politico’.

Il documento parla poi delle ‘irregolarità’ nella presentazione delle liste elettorali’, con il governo che ‘anziché scusarsi per gli errori compiuti e il disagio causato ai cittadini da chi non ha svolto bene i propri compiti’, ne ‘ha fatto un’arma per imporre ancora una volta al paese le sue priorità. Ancora una volta i problemi di una parte prevalgono sull’interesse generale, e ancora una volta viene oscurato il grande tema sociale che e’ la questione più urgente e drammatica che la politica ha di fronte’. L’opposizione si rivolge a ‘tutti i cittadini italiani, a prescindere dalle loro convinzioni politiche: il consenso non viene prima delle regole e non legittima la violazione dei diritti di tutti. La sovranità – recita il primo articolo della nostra Carta fondamentale – appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Nessun governo e nessuna maggioranza uscita dalle urne possono derogare a questo principio e modificare le regole della convivenza civile per le loro esigenze di parte’.

Ora ‘e’ il momento di una presa di coscienza, di una riscossa democratica. Le elezioni regionali sono l’occasione per fermare questa deriva e per dire che chi governa deve cominciare finalmente a occuparsi dei problemi degli italiani e ad agire nell’interesse del suo paese. Per questo invitiamo i cittadini a partecipare alla settimana di mobilitazione nazionale, che avrà come appuntamento centrale la manifestazione del 13 marzo in piazza del Popolo a Roma dalle ore 14, e alle iniziative che in quel giorno si svolgeranno in altre piazze italiane’. Il documento si conclude sottolineando la necessità di ‘restituire forza alle ragioni della Costituzione e della democrazia. Dobbiamo riportare al centro dell’attenzione i drammi delle famiglie colpite dalla crisi e il diritto al lavoro. Dobbiamo costruire un’Italia piu’ giusta, onesta e solidale. Dobbiamo vincere’.

www.sinistraecologialiberta.it – SELTv – Video lettera di Gennaro Migliore del 10 marzo 2010

Sull’argomento, segnalo anche un intervento molto interessante di Marinelli (giudice di Cassazione) ieri dal palco allestito in Piazza Navona.

Bianco, nero e Verdone

Nel giorno della Festa della Donna mi  pare giusto dedicare una riflessione alle donne immigrate in Italia, in particolare a quelle africane, che ogni giorno devono battersi contro il pregiudizio, di cui sono oggetto ancor più dei loro connazionali uomini (proprio in quanto DONNE e IMMIGRATE).

Nel suo ultimo film, “Io, Loro e Lara”, Verdone ha avuto la felice idea di dire la sua sulla prostituzione delle ragazze africane in Italia, un problema che le affligge tutte: sia quelle che si prostituiscono, sia (e soprattutto) quelle che fanno tutt’altro mestiere e che vengono comunque immaginate prostitute dagli italiani.

E proprio questo preconcetto, ovvero che le donne africane residenti in Italia siano in grande maggioranza prostitute, viene candidamente cavalcato nel film.

A metà pellicola Verdone, missionario in crisi spirituale, incontra a Roma una ragazza africana proveniente dal villaggio in cui lui aveva operato per diversi anni. A casa della ragazza il prete ritrova anche altre due giovani natie dello stesso villaggio. Tutte appaiono allegre e serene, meravigliose nei loro abiti tradizionali. Ad un certo punto le tre donne dicono di dover andare a lavorare e chiedono un passaggio a “padre” Carlo. La meta era un marciapiede di periferia e le ragazze sembrano proprio volerci andare (!), nonostante il prete cerchi di dissuaderle e di tirarle via da lì, con parole più sconcertanti dello stereotipo stesso: “Ragazze, non per fare del facile moralismo [… ] ma se immigrare in un altro Paese significa venire a lavorare su un marciapiede allora era meglio se ve ne restavate a casa vostra, o no? (…già vedo i leghisti annuire e fare proprio l’argomento per mascherare la volontà di rispedire al mittente le donne immigrate – come pure gli uomini –  e non solo africane, sotto le spoglie di una “legittima preoccupazione” per il loro benessere e la loro dignità di persone) […] Io vi ho lasciato nel vostro villaggio che eravate delle ragazze educate, perbene, rispettose delle vostre tradizioni (perché, gli vorrei chiedere, chi si prostituisce è forse una cattiva persona?) e ora vi ritrovo senza ritegno, senza pudore e pure senza mutande! È questo il salto di qualità?”. A questo punto una ragazza risponde: “E chi manda i soldi a casa, li mandi te?” E il prete: “Soldi, soldi, soldi! In Africa da mangiare ce n’era, poco, ma ce n’era. Però eravate libere, invece qui siete schiave! State facendo un lavoro da schiave!”.

Queste parole mi feriscono. Incomincio a pensare, a chiedermi se non sono io ad aver inteso male e poi mi dico che no, non ho inteso male. Purtroppo siamo in pieno stereotipo: è verosimile che delle ragazze costrette a prostituirsi per vivere vadano a battere il marciapiede a cuor leggero, allegre e spensierate quasi fossero delle imprenditrici di se stesse?!? Di certo nessuna delle ragazze che si prostituiscono aveva il marciapiede come obiettivo, ci è stata messa o ci si è trovata per disperazione. L’unica verità che trovo nelle parole di Verdone è che queste ragazze non sono libere. Sono schiave della criminalità organizzata. Ma non solo. Se gli italiani non sono capaci di etichettarle diversamente, non danno loro la chance di essere altro nemmeno in un film, non saranno colpevoli anche loro? Non siamo colpevoli anche noi di costruire con i nostri preconcetti e le nostre etichette i destini di disperazione di queste persone?

Qualche mese fa ho conosciuto una stupenda ragazza africana. Era venuta in Italia per studiare turismo. Viveva dalle suore, a Roma, andava a scuola e lavorava per mantenersi. Faceva gli stessi lavori che fanno gli studenti italiani, la cameriera, la barista…cose così. Ma quando gli uomini romani la vedevano camminare per strada, bella com’è, la apostrofavano in romanesco, chiedendole quanto volesse. Questo di continuo. Ha smesso di mettere il mascara, i tacchi, le gonne, ha smesso di raccogliersi i capelli in treccine, non è servito. È andata via da Roma. Ora vive e lavora nel Nord-Est. In una fabbrica. Ce la fa a stento a mantenersi e ha dovuto lasciare gli studi, ma tiene duro. Persegue il suo sogno. Lei dice che è certa che anche dove vive ora la gente pensa che sia una prostituta, ma almeno non lo dice e a lei va bene così.

Tornando al film, per amor del vero devo dire che ad un certo punto Verdone fa entrare in scena i protettori delle ragazze africane, le quali nel frattempo hanno deciso di ribellarsi e chiedono asilo a Carlo, che le nasconde in casa sua dove si sta svolgendo un pranzo importante, nel corso del quale le ragazze fanno la loro comparsa vestite da cameriere, per giustificare la loro presenza agli ospiti…e anche qui, aridaje! O prostitute o cameriere…è naturale immaginarle così.

L’Italia sarà un Paese migliore quando riuscirà ad aprirsi agli stranieri abbracciandoli nella loro interezza e non stritolandoli in una morsa fatale fatta di preconcetti, pregiudizi, sfruttamento e criminalità.

Dopo i fatti di Rosarno Roberto Saviano ha detto che gli africani sono i nostri anticorpi contro le mafie, che loro si ribellano laddove l’italiano subisce, perché gli africani hanno affrontato la morte per venire nel nostro Paese a vivere una vita migliore e perciò non riescono a sopportare che l’organizzazione criminale di turno gli distrugga il sogno di una vita. L’italiano invece è assuefatto a chinare il capo e fare spallucce di fronte ad un potere illegittimo che gli usurpa tutti i diritti. Sono gli africani che ci sveglieranno, che ci salveranno e a loro Saviano ha detto una cosa bellissima: non lasciateci soli con le mafie, non ve ne andate.

Loro pensavano di aver bisogno di noi, invece è la società italiana che ha bisogno di loro.

I film, le trasmissioni, i TG che continuano ad incasellarli in ruoli stereotipati, rassicuranti per chi teme l’iniezione di linfa nuova nel tessuto sociale, non fanno male solo a loro, ma privano anche noi della possibilità di immaginarli altrimenti e di guardare davvero queste donne e questi uomini e chiederci “chissà che lavoro fa?”, “chissà da dove viene?” (perché anche qui dobbiamo dirlo: No, non sono tutti senegalesi! No, non sono tutte nigeriane!).

Qui, dove vivo, ho sentito delle persone parlare degli “extracomunitari” (termine di per sé già odioso) chiamandoli “gli extra”. La prima volta che l’ho sentito non ho capito…”gli extra”…terrestri? Evidentemente no, mi sono detta. Poi ho collegato e ora quando sento questo termine, forse per una strategia di autodifesa o forse per deformazione professionale, nella mia testa la parola prende un accento tonico sulla “a”, alla francese. Perché in francese “extra” [extrà] è l’abbreviazione di “extraordinaire”, ovvero “straordinario”. “Il/Elle est extra”, “C’est extra” dicono Oltralpe. Ed è quello che penso io delle persone che vengono in Italia per cercare una vita migliore per sé ed i propri cari (a volte per intere comunità), che siano straordinarie.

Per questo meritano che gli si dedichi qualcosa di diverso da un pensiero preconcetto.

Il potere senza volto

Cade oggi l’anniversario della nascita di Pier Paolo Pasolini.

Per ricordare la complessità della sua visione culturale, riporto qui uno dei suoi molti articoli apparsi sul Corriere della Sera e che ancora oggi  suonano come controversi. In questo caso Pasolini analizza l’influenza del medium televisivo sulla cultura italiana.
Di seguito all’articolo, la versione integrale di una intervista compiuta da Enzo Biagi nel 1971, e centrata prevalentemente sullo stesso tema.
[NdA l’intervista è stata poi fatta rimuovere dalla RAI per violazione dei diritti di copyright (onestamente non si capisce come la pubblicazione su youtube possa provocare un qualche danno all’azienda). Ho cercato di rintracciare questa stessa intervista nell’archivio RAI, ma finora senza successo]

Resta viva la curiosità di sapere come si sarebbe evoluto il pensiero pasoliniano e come avrebbe accolto, se ne avesse avuta l’occasione, l’evolversi degli strumenti di comunicazione di massa, sia intesi come tecniche che come tecnologie.

Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazioni. Le strade, la motorizzazione ecc. hanno oramai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane. L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che “omologava” gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale “omologatore” che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo. Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina). Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma sono davvero in grado di realizzarlo?

No. O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati d’animo collettivi. Per esempio, i sottoproletari, fino a pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si vergognavano della propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare di analfabeti in possesso però del mistero della realtà. Guardavano con un certo disprezzo spavaldo i “figli di papà”, i piccoli borghesi, da cui si dissociavano, anche quando erano costretti a servirli. Adesso, al contrario, essi cominciano a vergognarsi della propria ignoranza: hanno abiurato dal proprio modello culturale (i giovanissimi non lo ricordano neanche più, l’hanno completamente perduto), e il nuovo modello che cercano di imitare non prevede l’analfabetismo e la rozzezza. I ragazzi sottoproletari – umiliati – cancellano nella loro carta d’identità il termine del loro mestiere, per sostituirlo con la qualifica di “studente”. Naturalmente, da quando hanno cominciato a vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato anche a disprezzare la cultura (caratteristica piccolo borghese, che essi hanno subito acquisito per mimesi). Nel tempo stesso, il ragazzo piccolo borghese, nell’adeguarsi al modello “televisivo” – che, essendo la sua stessa classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale – diviene stranamente rozzo e infelice. Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio “uomo” che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto “mezzo tecnico”, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre.

Pier Paolo Pasolini – (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975)

Pubblicato sul “Corriere della Sera” il 9 dicembre 1973

Enzo Biagi intervista (tra gli altri) Pier Paolo Pasolini – 1971

Testimoni di Civiltà – sottoscritto l’appello LGBTQI

Noi, Candidate e Candidati nelle liste di Sinistra Ecologia Libertà alle Elezioni Regionali del Lazio 2010, siamo consapevoli che l’azione politica di una formazione come Sinistra Ecologia Libertà, deve essere rivolta ad intercettare e dare risposte ai bisogni di tutte le cittadine ed i cittadini che non godono di pari diritti pur essendo sancita, nel nostro paese, l’uguaglianza formale di tutti e tutte. Fra costoro riteniamo del tutto particolare la posizione delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer e intersessuali alle quali indipendentemente dal loro credo religioso, dalla loro provenienza, dalla loro condizione sociale e sulla base di odiosi pregiudizi è negato l’accesso a diritti e tutele indispensabili per garantire una parità sostanziale e il diritto a progettare e realizzare un futuro.

Assumiamo dunque, quali Testimoni di Civiltà, questi impegni rispetto ai punti programmatici qui esposti:

  • operare affinché il nuovo Consiglio Regionale e la nuova Giunta Regionale del Lazio li traducano in concreti atti e provvedimenti
  • promuovere durante la campagna elettorale la loro diffusione e la loro discussione
  • inserirli nell’agenda politica ed istituzionale di Sinistra Ecologia Libertà anche dopo la conclusione delle elezioni

Alla Regione Lazio per le Persone LGBTQI

LGBTQI. Un acronimo che individua un gruppo sociale oggetto di discriminazioni o forme di violenza a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere. L sta per lesbiche, G sta per gay, B sta per bisessuali, T sta per transessuali e transgender, Q sta per queer, I sta per intersessuali. Tutte persone che hanno una “cittadinanza dimezzata”, perché non possono accedere agli stessi diritti degli altri. Non si possono sposare, non possono adottare figli, non possono unirsi civilmente, con tutto ciò che ne consegue rispetto alla sanità, al lavoro, all’abitazione. Si pensa erroneamente che siano persone in qualche modo “privilegiate” che hanno una capacità di spesa più alta degli altri. Ma non è così. Si tratta di persone che in prevalenza vivono la stessa vita delle persone eterosessuali, aggravata però dalla discriminazione, da uno stigma sociale spesso insostenibile e da forme subdole e diffuse di violenza non solo fisica o verbale.

Molti di questi problemi richiedono un deciso intervento del Parlamento, ma la Regione può e deve intervenire per migliorare le condizioni di vita delle persone LGBTQI. In particolare, Sinistra Ecologia e Libertà si propone di attuare queste soluzioni:

  • costituire un gruppo di lavoro presso il Consiglio o la Giunta regionale che sviluppi un rapporto di dialogo e di confronto costante tra le strutture e gli enti regionali e l’universo LGBTQI.
  • migliorare i servizi di assistenza e di prevenzione relativi alle malattie sessualmente trasmissibili. Un particolare riguardo va riservato alle persone sieropositive all’HIV o malate di AIDS, per le quali vanno migliorate le strutture ospedaliere, l’assistenza domiciliare e gli altri servizi sociali.
  • attuare la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro per tutto il personale della regione, delle istituzioni e degli enti ad essa collegati (attuazione del D.LGS 216/03 e della Direttiva 2000/78/CE).
  • adottare una legge regionale contro l’omofobia e le discriminazioni, che dia attuazione alla mozione approvata a settembre, in attesa che il Parlamento affronti e risolva la questione. Gli interventi riguarderanno la formazione degli operatori pubblici, l’informazione nelle scuole e campagne locali in collaborazione con le associazioni, la costituzione di un ufficio di studio ed un osservatorio multidisciplinari e permanenti sulle discriminazioni e la violenza motivata dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. In particolare saranno oggetto di specifici interventi le forme di bullismo omo-trans fobico, l’educazione sessuale e la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
  • attivare una casa di accoglienza e strutture di assistenza per le persone transessuali che sono oggetto di tratta o di sfruttamento per consentire loro di sfuggire ad un destino drammatico di violenza, da inserire in uno specifico piano di intervento regionale per il sostegno delle persone transessuali -Commissione per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa CommDH/IssuePaper(2009)2, luglio 2009-.
  • garantire la gratuità delle terapie necessarie alla transizione di genere
  • costituire un dipartimento della sanità per le persone intersessuali. Le persone intersessuali sono definite tali perché alla nascita presentano caratteri sessuali primari non perfettamente definiti, ovvero hanno caratteristiche genetiche particolari, che determinano ambiguità nella definizione del genere sessuale. Queste persone, in molti casi subiscono interventi di attribuzione chirurgica del sesso, senza tener conto che tale attribuzione potrebbe non essere coerente con lo sviluppo del bambino, determinando una forma grave di violenza e di condizionamento. Per questo motivo, è necessario costituire un dipartimento di riferimento per questo tipo di casistiche, specializzato e multidisciplinare che possa sostenere ed indirizzare il personale medico e seguire questi bambini fino al momento della scelta e dell’attuazione della soluzione più coerente rispetto alle caratteristiche fisiologiche, genetiche e psicologiche.
  • socializzare la memoria storica delle persone LGBTQI che furono perseguitate durante i totalitarismi, sia attraverso la costruzione di un monumento ad esse dedicato, sia attraverso la promozione e l’organizzazione di iniziative culturali collegate al tema della memoria e della violazione dei diritti delle persone LGBTQI anche nel presente.

Una legge regionale contro le discriminazioni

Una gran parte dei predetti interventi può trovare applicazione anche all’interno di una legge quadro regionale dedicata proprio al tema dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere che perseguirà questi obiettivi:

  • Libertà di espressione: garantire l’autodeterminazione in tema di orientamento sessuale e di identità di genere, per superare le discriminazione a questi collegate, garantire parità di condizioni agli interventi e ai servizi compresi nella competenza legislativa regionale, estensione della competenza del difensore civico ai casi di discriminazioni motivate da orientamento sessuale o identità di genere.
  • Lavoro, impresa, formazione ed integrazione sociale: rimuovere le discriminazioni relative all’accesso al lavoro, anche favorendo l’inserimento e la formazione per le persone discriminate; promuovere lo sviluppo di una cultura professionale correlata all’acquisizione positiva dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere; dare attuazione alla normativa comunitaria (per quanto di competenza regionale), coinvolgendo le associazioni rappresentative; promuovere l’adozione da parte dei dipendenti delle amministrazioni di linguaggi e comportamenti ispirati alla considerazione e al rispetto per ogni orientamento sessuale e identità di genere, intervenendo con attività di formazione del proprio personale; assicurare parità d’accesso ai servizi pubblici e privati e alle prestazioni erogate; riconoscere il diritto all’abitazione alle persone e alle famiglie, per rimuovere le cause che determinano disuguaglianze e disagio.
  • Sanità ed assistenza: garantire che siano le persone designate dal paziente a prestare assistenza in ogni fase della degenza, indipendentemente dai legami di parentela legale; le aziende sanitarie locali devono assicurare interventi di informazione, consulenza e sostegno per rimuovere gli ostacoli alla libertà di scelta ed espressione circa l’orientamento sessuale o l’identità di genere.
  • Informazione e cultura: assicurare il monitoraggio dei contenuti della programmazione televisiva e radiofonica rispetto alla pari dignità riconosciuta agli orientamenti sessuali e all’identità di genere; assicurare spazi di informazione ed espressione su questi temi; promuovere attività culturali, turistiche e commerciali aperte ai diversi stili di vita per superare le discriminazioni nei pubblici esercizi e nei servizi turistici e commerciali; promuovere il confronto culturale sulle tematiche familiari per favorire l’eguaglianza di opportunità nell’assunzione del ruolo e della responsabilità genitoriali; attivare campagne di comunicazione per accrescere l’attenzione su questi temi per fornire tutte le informazioni utili e necessarie per la tutela dei diritti in tema di parità di trattamento e contro ogni forma di discriminazione.

Famiglia, una realtà plurale

La famiglia che nasce col matrimonio costituisce ormai solo una frazione dell’universo dei rapporti affettivi che legano le persone. Alla diminuzione costante del numero di matrimoni, corrisponde un numero crescente di coppie di fatto. Coppie che si vanno formando anche fra persone dello stesso sesso, sopratutto nelle realtà metropolitane, e che hanno figli. Si pensi che il numero di bambini nati fuori del matrimonio si avvia a superare il 15%, quasi il doppio rispetto a 10 anni fa. Così come aumentano unioni e matrimoni nei quali almeno uno dei due è straniero.

La Regione Lazio, nella quale sussiste una delle maggiori realtà metropolitane italiane, non può ignorare la rilevanza di questo fenomeno e deve dunque adoperarsi per sostenere non la famiglia, ma LE FAMIGLIE. Partendo dall’evoluzione del concetto giuridico di famiglia anagrafica e di nucleo familiare come descritti dall’art. 4 del DPR 223/1989 e dalla loro rilevanza fiscale confermata dal Consiglio di Stato (sentenza 770/94) e dal Ministero dell’Interno (circolare 5/95), si deve prevedere l’equiparazione di tutte le forme di famiglie per sostenere economicamente, ad esempio, le famiglie bisognose (coerentemente con le condizioni di reddito, di numerosità del nucleo familiare ed altre situazioni di svantaggio).

La scuola detta ghetto, specchio dell’ignoranza istituzionale

Vi copio di seguito il comunicato che ho ricevuto per essere un genitore di una futura alunna di questa scuola elementare (Carlo Pisacane) così celebre negli ultimi anni qui a Roma (e non solo per il riscontro mediatico, ma anche per la professionalità e i risultati ottenuti dalle insegnanti che vi operano).

Il quartiere in questione (Tor Pignattara/Marranella) è uno tra i più multietnici (e multiculturali) di Roma. La maggior parte degli abitanti auspica che queste sue caratteristiche si perpetuino nel tempo in maniera sempre più costruttiva. Le leggi del nostro attuale Governo inficiano questa prospettiva sminuendo il valore della scuola e cercando di ridurla (metafora dell’intero quartiere) a un ghetto.

Vorremmo cercare di evitarlo, anche solo per non doverci vergognare di noi stessi.

LA SCUOLA PISACANE NON DEVE CHIUDERE!

LA SCUOLA PISACANE RISCHIA DI ESSERE CHIUSA DEFINITIVAMENTE DALL’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE CHE IN ACCORDO CON L’ASSESSORA MARSILIO VUOLE PRIVARE IL QUARTIERE DELLA PROPRIA SCUOLA COSTRINGENDO I GENITORI A TRASFERIRE I LORO FIGLI IN ALTRE SCUOLE.

APPLICANDO RESTRITTIVAMENTE LA CIRCOLARE n.2/2010 DELLA MINISTRA GELMINI, L’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE

NON INTENDE FORMARE LE DUE NUOVE CLASSI PRIME, NONOSTANTE IL NUMERO DEGLI ALUNNI ISCRITTI NATI IN ALTRI PAESI NON SUPERI IL 30% E NONOSTANTE IL 100% DI QUESTI BAMBINI ABBIA FREQUENTATO LA SCUOLA DELL’INFANZIA.

39 FAMIGLIE SARANNO COSTRETTE A TRASFERIRE I LORO FIGLI IN ALTRE SCUOLE.

VORREBBERO RISOLVERE I PROBLEMI DELLA SCUOLA PUBBLICA CON UN COLPO DI SPUGNA:

CANCELLANDO UNA SCUOLA CHE È UN PUNTO DI RIFERIMENTO DEL QUARTIERE TORPIGNATTARA E CHE CONTINUANO A CHIAMARE “GHETTO”, NONOSTANTE SIA FREQUENTATA DA BAMBINI PROVENIENTI DA MOLTI PAESI DEL MONDO.

IN QUESTI ANNI LA SCUOLA ELEMENTARE CARLO PISACANE HA ACCOLTO BAMBINI E BAMBINE DI OGNI PROVENIENZA NEL PIENO RISPETTO DEL FONDAMENTALE DIRITTO ALLO STUDIO.

NELLA CONSAPEVOLEZZA CHE LE DIFFERENZE SONO UNA RICCHEZZA DA VALORIZZARE E NON UN OSTACOLO, HA SVOLTO IL PROPRIO COMPITO PRIMARIO: EDUCARE LE NUOVE GENERAZIONI.

HA APERTO LE PORTE AGLI ABITANTI DEL TERRITORIO IN CUI E’ COLLOCATA E HA ACCOLTO I MUTAMENTI SOCIALI IN ATTO COME UNA NUOVA SFIDA EDUCATIVA.

HA REALIZZATO PERCORSI DIDATTICI INDIVIDUALIZZATI E HA PERMESSO AI PROPRI ALUNNI/E DI RAGGIUNGERE ALTI LIVELLI DI APPRENDIMENTO TESTIMONIATI DAI SUCCESSI CONSEGUITI NEI SUCCESSIVI LIVELLI DI ISTRUZIONE.

OGGI LA SCUOLA PISACANE ACCOGLIE MOLTI BAMBINI E BAMBINE NATE/I IN ITALIA DA GENITORI IMMIGRATI.

SI TRATTA DI BAMBINI E BAMBINE CHE PARLANO PERFETTAMENTE L’ITALIANO, LA MAGGIOR PARTE DI ESSI NON HA MAI VISTO IL PAESE D’ORIGINE DEI GENITORI, AMANO L’ITALIA, CONOSCONO LE ABITUDINI, LE TRADIZIONI DI QUESTO PAESE. SONO BAMBINE E BAMBINI CHE HANNO FREQUENTATO LA SCUOLA DELL’INFANZIA E CHE RAGGIUNGONO OTTIMI RISULTATI IN TUTTE LE ATTIVITÀ SCOLASTICHE.

GENITORI, INSEGNANTI, PRESIDI, STUDENTI, CHE VIVONO QUOTIDIANAMENTE LA SCUOLA, SI SCHIERANO CONTRO QUESTO PROVVEDIMENTO CHE NEGA IL DIRITTO ALLO STUDIO A BAMBINI E BAMBINE, DISCRIMINA I CITTADINI IMMIGRATI, ALIMENTA L’INTOLLERANZA E IL RAZZISMO

ASSOCIAZIONE GENITORI, DOCENTI ED EX ALUNNI DEL IV CIRCOLO DIDATTICO CARLO PISACANE

Dati e analisi sulla privatizzazione dei servizi

[rigraziando per la segnalazione Stefano Sylos Labini, anch’egli candidato per il rinnovo del Consiglio Regionale del Lazio nelle liste di Sinistra Ecologia Libertà]

Riportiamo qui lo studio compiuto dalla Corte dei Conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato Collegio di controllo sulle entrate – Obiettivi e risultati delle operazioni di privatizzazione  di partecipazioni pubbliche.

Lo studio, ricchissimo di dati analitici riferiti ad un periodo di circa 10 anni, è particolarmente importante in relazione al problema posto dalla ormai prossima privatizzazione dell’acqua, così come voluta dal Governo attuale (art.133/08 e successivo decreto Ronchi del novembre 2009). Il testo contiene alcuni elementi che rischiano di essere ambigui: in particolare, quando si dichiara che la privatizzazione abbia nel complesso sostanzialmente conseguito gli obiettivi di lungo termine previsti nei primi documenti ufficiali, bisogna tenere conto che gli obiettivi a cui si fa riferimento (vedi ad esempio pag.223 e seguenti, nel testo) consistono principalmente nella stabilizzazione dei bilanci, più che nel miglioramento dei servizi per il cittadino.

Altri passaggi chiariscono invece in modo inequivoco il problema delle tariffe e del servizio in condizioni monopolistiche. Ne evidenzio in particolare due:

Per quanto riguarda le utilities, c’è tuttavia da osservare che l’aumento della profittabilità delle imprese regolate è in larga parte dovuto, più che a recuperi di efficienza sul lato dei costi, all’aumento delle tariffe che, infatti, risultano notevolmente più elevate di quelle richieste agli utenti degli altri paesi europei, senza che i dati disponibili forniscano conclusioni univoche sulla effettiva funzionalità di tali aumenti alla promozione delle politiche di investimento delle società privatizzate. Considerazioni analoghe possono valere anche per ciò che attiene agli effetti sul livello sia delle tariffe autostradali, sia degli oneri che il sistema bancario pone a carico della clientela, tutt’oggi sistematicamente e considerevolmente più elevato di quello riscontrato nella maggior parte degli altri paesi europei. [Pagina 8, di seguito al passaggio precedente]

Gli effetti delle privatizzazioni sul benessere dei consumatori sembrano ancora più controversi. Lo sono, come si è visto, per quanto riguarda i servizi bancari. E lo sono per i servizi autostradali e delle utilities. In particolare, analizzando nel dettaglio i prezzi dei servizi erogati dalle utilities (acqua, energia, trasporti, telecomunicazioni), si osserva una dinamica dei prezzi molto accentuata soprattutto nei settori dell’acqua, del gas e delle autostrade, e una forte riduzione nelle telecomunicazioni. Le relazioni annuali delle Autorità Amministrative Indipendenti, peraltro, evidenziano come le privatizzazioni e l’attuale corso della presenza pubblica nei settori dell’energia e del gas non impediscano che le tariffe a carico di ampie categorie di utenti siano notevolmente più elevate di quelle richieste agli utenti degli altri paesi europei, e ciò in ragione del permanere di situazioni di monopolio di rete, come nel caso della distribuzione del gas. A tal proposito, pur scontando gli effetti del più diretto impatto dell’andamento dei prezzi internazionali dei prodotti petroliferi, può meritare un approfondimento, da parte della competente Authority, il diverso più recente andamento, nell’ambito dello stesso settore (energia), delle tariffe del metano (in aumento) e di quelle dell’elettricità (in diminuzione). Così come meritano di essere approfondite le ragioni della continua lievitazione dei pedaggi autostradali, giustificata, oltre che dal 70% dell’inflazione reale (e non di quella programmata), dagli investimenti effettuati.
[…]
Naturalmente i prezzi rappresentano soltanto un aspetto, seppur importante, dell’erogazione di servizi. Altrettanto importante è la loro qualità, la cui valutazione avrebbe richiesto una serie di altre complesse ed approfondite analisi. I dati mettono comunque in luce un aspetto particolarmente critico della privatizzazione nel caso di alcune utilities regolate, che, aumentando strategicamente il debito, hanno visto rafforzato il proprio potere negoziale nei confronti di un regolatore che può aver concesso incrementi tariffari nell’intento di contenere i maggiori rischi di insolvenza. [pagina 228]

In breve (per chi non ha il tempo di studiarsi tutto o parte del testo), si scopre quello che qualsiasi studente di economia potrà dirvi: se crei una situazione di monopolio (come ad esempio la privatizzazione dell’acqua, che si fonda su una singola infrastruttura: l’acquedotto), il privato che gestisce il servizio  massimizzerà il profitto a prescindere dalla qualità del servizio, dato che comunque il cittadino è privato anche della possibilità di cambiare gestore.

DOWNLOAD della relazione in PDF: » Privatizzazioni definitivo – relazione.

» Link ad un articolo di commento del Corriere (10 febbraio).

Ecco un approfondimento discreto dedicato in modo specifico all’acqua: Trasmissione “Presa Diretta,” di Riccardo Iacona. Data:7 febbraio 2010.

Iniziative 27 febbraio – 1 marzo 2010

Ecco dove mi trovate nei prossimi tre giorni.

27 Febbraio P.zza del Popolo (Viola)

Manifestazione nazionale contro il legittimo impedimento ed a sostegno degli organi di garanzia costituzionale. Firma l’appello.

SEL avrà il suo gazebo: sarà allestito con bandiere e manifesti a partire dalle 12:30. La manifestazione comincerà invece alle 14:30.

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Iniziativa Vendola/Bonino

Domenica mattina alle ore 10:30 al Teatro Vittoria – P.zza S. Maria Liberatrice a Testaccio 13, ci sarà l’iniziativa con Nichi Vendola, Emma Bonino, Marcello Cini, introduce Simonetta Salacone.

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24h senza di noi: la giornata senza immigrati – comitato 1 marzo

Alle ore 17, il corteo delle reti antirazziste si snoderà da Porta Maggiore, passando da piazza Vittorio Emanuele, Santa Maria Maggiore e piazza Esquilino. Qui il comitato migranti si unirà al corteo e tutti confluiranno in piazza Vittorio Emanuele, dove alle 18 si aprirà la manifestazione indetta dal comitato primo marzo. Sono previsti concerti, con l’esibizione dell’Orchestra multietnica di Piazza Vittorio e una serie di altri interventi.

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