Pubblicato qui: http://www.sinistraecologialiberta.it/articoli/balle-atomiche-parte-prima-i-costi
Tra le leggende metropolitane che si cercano di imporre attraverso la mera ripetizione di dati falsi, ce ne sono alcune che riguardano l’utilizzo dell’energia nucleare per la produzione di energia elettrica.
Fattoide – riproposto ad esempio in un simpatico cartello nella puntata del 2/06/2011 di Annozero, trasmissione condotta da Michele Santoro – : il costo di produzione dell’energia elettrica ricavata da centrali nucleari è più basso di qualsiasi altro sistema di produzione. Un esempio di stime prodotte: costo per un MegaWatt di energia
- 450€ fotovoltaico
- 60 € termico
- 35 € nucleare
I fatti, per punti:
- Il confronto è portato prendendo in considerazione da un lato le centrali nucleari meno costose, ovvero quelle che prevedono misure di sicurezza molto meno rigide, rispetto a quelle che poi vengono presentate quando si parla di probabilità di incidenti (delle due l’una: o la probabilità di un incidente sale, oppure salgono i costi di produzione dell’energia). Dall’altro lato del confronto, invece, si prendono in considerazione i sistemi meno efficienti di produzione elettrica alternativi, ad esempio considerando il fotovoltaico di vecchia generazione (effettivamente in uso, ma che non verrebbe installato se si progettasse un eventuale impianto oggi).
- Non si tiene conto dell’aumento (considerato da tutti gli analisti come inevitabile) dei costi legati all’acquisto del “combustibile” – l’uranio -, che vedrà diminuire l’offerta (le risorse non sono infinite) e aumentare la domanda (molti paesi emergenti sono stati indotti all’uso del nucleare). Dovendo fare un calcolo dei costi legati alla produzione, qualunque industriale costretto a fare un investimento che vedrà l’inizio della produzione tra almeno un decennio (tempi di costruzione di una centrale), cercherebbe di fare un confronto basandosi su prezzi plausibili tra 10-20 anni, più il tempo di esercizio di una centrale (altri 40 anni circa per la generazione 3), se volesse capire l’effettiva competitività del “prodotto”.
- In modo del tutto illegittimo si esclude nel calcolo il conteggio sia delle spese relative allo stoccaggio delle scorie, sia delle spese relative allo smantellamento delle centrali. Per le prime, come è noto, occorre predisporre uno smaltimento che garantisca sicurezza per un tempo lungo -letteralmente- migliaia di anni, causando spese proporzionalmente elevate. A questi costi vanno aggiunti quelli legati allo stesso “spegnimento” e messa in sicurezza richiesto da questo genere di centrali elettriche. Questa operazione richiede oggi in media circa 30 anni a partire dalla data in cui si decide di “spegnere”, ma ad esempio i lavori relativi al reattore di Calder Hall a Sellafield in Gran Bretagna, chiuso nel 2003, termineranno all’incirca nel 2115 (vedi: Nuclear Decomissioning) . Si tratta di un reattore di vecchia generazione e ci lascia immaginare quanto le finanze italiane abbiano tratto vantaggio dalla scelta del referendum anti-nuclearista.
PS su segnalazione: l’agenzia che si occupa di analisi statistiche per il dipartimento dell’Energia statunitense –U.S. Energy Information Administration (EIA)- pubblica ogni anno le sue stime. Qui potete leggere le ultime stime al 2020 e al 2035: in particolare segnalo per semplicità i grafici riguardanti i costi previsti, nei quali comunque non vengono conteggiate le spese riguardanti il trattamento delle scorie e quelle relative allo smantellamento delle centrali.