Principi sparsi: numero 572AZ/bis
ammettiamo che non sia possibile dire la verità: se accettiamo ad esempio l’idea che l’accesso diretto alla realtà sia una chimera, allora la verità è la prospettiva soggettiva di qualcosa di irraggiungibile. Quindi si lavora per approssimazioni. Questo approccio di solito è bilanciato nella retorica da un principio di metodo: in assenza della verità, possiamo quantomeno dire ciò che pensiamo in modo chiaro, senza aggiungere, senza sottrarre e soprattutto senza dichiarare apertamente di pensare o credere qualcosa che è l’opposto di ciò che si sente. La parresia (nel suo significato più classico) è quindi in questo caso la migliore approssimazione possibile al vero a cui si possa aspirare…
Sempre ammesso che il nostro accesso alla realtà ci impedisca di dire il vero anche quando ci sbattiamo contro.
Principi sparsi: numero 6245G
le organizzazioni umane sono spinte da singole persone, che agiscono secondo propri principi e valori e come conseguenza secondo propri obiettivi. Talvolta questi concidono estendendosi su molti soggetti per diversi aspetti, talvolta invece, la semplice esistenza di una organizzazione umana non è necessariamente corrispondente ad una unione di soggetti caratterizzati da coincidenza di intenti.
Dove sta il problema.
C’è chi usa i partiti come un ufficio di collocamento, chi li usa per una scalata alla società, chi per ricavarne soddisfazione personale, chi per fare una certa politica in un territorio più o meno vasto, chi perché crede nella visione salvifica di un metodo di azione, chi nell’obiettivo dell’azione, a prescindere dal metodo. Nella mia esperienza, la maggior parte dei singoli soggetti è portatrice di un complesso aggregato tra queste ed altre cose, per di più non cristallizzate.
Ovviamente c’è anche chi insegue il potere fine a se stesso o il denaro: siamo in Italia, questo è ormai dato per scontato.
Forse l’unica caratteristica che accomuna davvero tutti è quella di essere convinti di sapere come stanno davvero le cose (e quindi in questo non riesco a fare eccezione), mentre una caratteristica che accomuna molti è l’idea di sé stessi come figure indispensabili (e qui, spero di riuscire a salvarmi).
Quello che mi pare di capire oggi, al seguito del congresso provinciale di Roma e mentre seguo il congresso nazionale (come semplice tesserato, addetto al filtro spam degli sms), è che la prima iattura di un partito come SEL è proprio costituita da questa idea di indispensabilità. Se io sono necessario, tutti quelli che non collaborano con me, sono dei nemici miei e dell’intero partito.
Tutto qui.
Quando la numerosità di quelle persone che in una comunità sono spinte da interessi che riguardano la preservazione di sé stessi (soprattutto se a breve termine) sale oltre un certo livello, la comunità stessa collassa e si estingue. Si tratta in fondo di un principio noto da diversi anni a chi studia il comportamento animale legato all’evoluzione: gli istinti egoistici sono inevitabili e fondamentalmente innocui o addirittura positivi, entro certi limiti. Oltre questi limiti, diventano catastrofici: sarebbe interessante riuscire a studiare in modo almeno approssimativo la cifra di questa relazione, così come è stato fatto dai modelli di A-Life sui pipistrelli desmodus rotundus (tra l’altro portati avanti da una ricercatrice italiana: Rosaria Conte).
Più ci penso, più mi pare che l’università nel nostro paese sia lo specchio del funzionamento dell’assetto politico italiano: il potere concentrato nelle mani di pochi, senza nessuna responsabilità personale. La strada maestra che porta all’arbitrio ed un sistema che replica se stesso: al primo posto ovviamente i livelli più alti (e.g. di governo), ma anche i livelli più bassi non ne sono esenti (micro-corrente interna organizzata per la difesa di un potere marginale), quasi sempre contraddistinti da un desiderio di salvezza personale, necessitato dall’idea di indispensabilità personale.
In tutti questi casi, che si tratti di micro-poteri, posizioni di rendita o grandi interessi, i poteri tendono a nascondersi, per operare indisturbati, senza controlli, per non dover rendere conto delle scelte fatte, nella costante paura di vedere messa in discussione la loro organizzazione di fondo, la loro sfera di influenza e quindi la loro stessa esistenza.
Per combattere questo problema, al momento non ho niente di meglio da offrire di un mio mantra personale:
1) La democrazia non si basa sulla fiducia nei confronti di chi è investito di un qualsiasi potere, per quanto marginale.
2) La democrazia si basa sulla trasparenza, sulla incentivazione delle forme di controllo nei confronti di chi è investito di questo potere.
3) La democrazia consiste nel rispetto e nelle tutele dei diritti delle minoranze.
4) La democrazia si basa su processi lenti, ma solidi.
5) La politica è un rapporto di poteri.
Come sempre in chiusura, le buone notizie (come per Report!). Non c’è di che scoraggiarsi: che la situazione fosse pessima lo si sapeva sin dall’inizio. Che fosse necessario lottare per cambiare le cose era anche questo scontato tutto sommato, davvero niente di nuovo, anche se, mentre ci si preparava mentalmente al peggio, si continuava a sperare nel meglio e quindi davvero un po’ di delusione, dopo i congressi di SEL, è inevitabile.
Detto ciò, il lavoro da fare è tanto: spazio per lavorare bene in SEL ce ne è ancora tanto e non è ancora detto che questo spazio vada a chiudersi o ad ampliarsi. Dipende da tutti noi.
Se la speranza è diventata un lusso che ci si può permettere sempre meno e che a volte ci sembra addirittura dannosa, la voglia di lottare è assolutamente necessaria. Andiamo avanti: la strada è tutta in salita.
2 comments
Apprezzo molto la tua indipendenza di giudizio e l’equilibrio con cui rifletti sui nostri fatti, senza nasconderti la realtà (o, come dici, utilizzandone il surrogato parresico).
Author
Grazie per il commento. Mi piacerebbe essere in grado di incidere di più, insieme a molti altri e vorrei davvero ci fosse più coraggio.
Una delle cose che mi fa imbestialire è sentirmi dire da molti “sarebbe giusto fare A, ma per il momento siamo costretti a fare B”. Mah! L’illusione che non ci sia alternativa percorribile.