Bozza di lavoro per SEL: relazioni tra politica e mondo della ricerca

Per realizzare questa bozza, abbiamo utilizzato come punto di partenza il “progetto per l’autoriforma” scaturito dall’assemblea nazionale di studenti e ricercatori dell’Onda del 15-16 novembre 2008 a Roma

L’indipendenza e l’autonomia della ricerca sono per noi principi fondativi.
La ricerca non deve essere subordinata a logiche di mercato: le risorse e le strutture pubbliche dalle quali essa dipende non possono essere messe al servizio di interessi privati, perché questo asservimento provoca una distorsione degli obiettivi di medio e lungo periodo, con conseguente danno per la società: gli esempi in campo farmacologico e tecnologico sono a decine.

Il sapere è un bene pubblico, una produzione collettiva e per questa ragione non appropriabile: i suoi risultati devono essere socializzati, ossia posti al servizio dell’intera società. Tutte le regioni italiane possono fare riferimento ad una vasta quantità di strutture dedicate alla ricerca nei campi più disparati (dagli studi geofisici,  alle biotecnologie, alla chimica, alle analisi sociali, all’impatto ambientale, alla robotica, ai sistemi di intelligenza artificiale, alle neuroscienze ecc.).

È avvilente che questa enorme mole di competenze sia spesso sottoutilizzata, quando potrebbe fornire contributi importanti in tutte le fasi di intervento politico sul territorio (raccolta dati, analisi, piani di intervento, scenari possibili). Il vantaggio per le amministrazioni è evidente, viste le cifre consistenti che solitamente vengono pagate a consulenti di varia natura, spesso privati, mentre si assiste alla contemporanea sofferenza da parte di alcuni di questi enti per la scarsità di finanziamenti.

E’ necessario innescare quindi un circolo virtuoso che porti finanziamenti a università ed enti pubblici della ricerca (EPR), sia sulla base di concreti progetti obiettivo e studi di settore fissati dall’agenda politica, sia all’interno di più ampie linee strategiche per garantire l’indipendenza e l’autonomia degli studi di ricerca. I finanziamenti del primo tipo porteranno vantaggi indispensabili nell’immediato, garantendo la possibilità di una adeguata pianificazione ed una analisi accurata di fenomeni sempre più complessi riguardanti l’ambiente e la società in cui viviamo, garantendo un ritorno in termini di impatto economico o sociale. I finanziamenti del secondo tipo garantiranno delle ricadute più a lungo termine in termini quantitativi, ma nell’immediato in termini di arricchimento culturale.

In questa direzione è possibile collocare l’esigenza di una corretta valutazione dell’operato del mondo della ricerca (università ed enti pubblici), ovvero il metro qualitativo utile ad incentivare gli istituti che più di altri contribuiscono a quel circolo virtuoso qui descritto.
L’attuale combinazione di indici che si presumono quantitativi, legata fondamentalmente al solo contenimento del bilancio è inutile nel tentativo di valutare l’impatto della ricerca sulla società. Più significativi, ma comunque miseri in questo senso, sono anche la produzione di brevetti e il semplice numero delle pubblicazioni, privo di una analisi di merito.
La valutazione deve quindi essere intesa anche come il rendiconto sociale delle attività degli atenei e degli EPR: una valutazione dell’impatto che non può prescindere dai contesti territoriali in cui le università sono inserite e che deve essere compiuta coinvolgendo le componenti attive (quindi docenti, ricercatori e dottorandi) e passive (intese come società civile) nel processo di valutazione.

Gli esiti della valutazione della didattica e della ricerca dovrebbero condizionare la distribuzione di parte dei finanziamenti sia alle strutture (atenei, enti, istituti, dipartimenti,..) che ai singoli docenti e ricercatori.
Come per i contributi statali alle aziende private, bisognerebbe inoltre legare l’incremento di finanziamenti, oltre che alla valutazione qualitativa, anche al rispetto di alcune “best practices” riguardanti il lavoro negli Istituti.

Citiamo di seguito alcuni dei temi che riteniamo più importanti in questo senso:

1) Al lavoro di ricerca, perché di lavoro si tratta, devono corrispondere un salario adeguato e i diritti stabiliti dallo statuto dei lavoratori. La moltitudine di tirocini, stage e praticantati tutti rigorosamente non retribuiti non sono più tollerabili, così come la dilagante attività didattica a titolo gratuito.
Ogni prestazione deve avere luogo all’interno di un contratto al più come forma di lavoro subordinato a tempo determinato e in tal caso deve essere garantita la continuità del reddito, diritto fondamentale che è necessario estendere a tutti i lavoratori precari.
In questa stessa direzione, è necessario sopprimere il ricorso ai dottorati senza borsa: ai dottorandi dovrebbero vedere riconosciuti i loro diritti per mezzo di uno statuto nazionale a loro dedicato.

2) Nella ricerca rimane aperta la stessa questione di genere che troviamo ovunque nel mondo del lavoro: da una parte la progressione di carriera delle donne è fortemente bloccata ai livelli più bassi, dall’altra le donne subiscono il perenne ricatto biologico, aggravato dalla precarietà, per cui la maternità diventa in realtà la via di espulsione dal mondo della ricerca.

3) Per tutti i percorsi pubblici in questo campo, è necessario aprire un dibattito approfondito sulla necessità di garantire nuove procedure concorsuali trasparenti.

4) I ricercatori precari, essenziali al funzionamento di tutti gli atenei ed enti pubblici di ricerca italiani, sono completamente assenti dagli organi decisionali degli stessi. E’ questo un elemento chiave della gerarchizzazione del lavoro di ricerca e didattica.
Come ogni altra categoria nell’università, i ricercatori precari e i dottorandi devono partecipare ai processi decisionali tramite i loro rappresentanti eletti.

Hanno aderito i candidati SEL (per Roma e provincia, in ordine alfabetico):

Saverio Aversa
Adriana Cremonese
Adelia Danese
Vincenzo G. Fiore
Gianfilippo Lucatello
Valentina Mercuri
Stefano Mingarelli
Gaia Pallottino
Marco Possanzini
Giovanni Russo
Gianfranco Toschi

1 comment

  1. Segna un punto: la strategia del chiamare alla partecipazione, lavorare e condividere può funzionare. Ma dobbiamo diventare più bravi, più veloci, più incisivi.
    http://www.sinistraeliberta.eu/articoli/nuove-relazioni-tra-politica-e-ricerca

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